Dott. Gennaro Fiore

Medico-Chirurgo - Psicologo Clinico e Psicoterapeuta

PROBLEMI  SESSUALI   E   DI   IDENTITA’  DI   GENERE

Le disfunzioni sessuali possono essere dovute sia a fattori organici e in tal caso sono di competenza prevalentemente medica ( andrologo o ginecologo ) sia  a fattori psicologici e in tal caso sono di competenza psicoterapeutica. Così, ad esempio, uno dei più  frequenti disturbi sessuali, il deficit della funzione erettile ( impotenza ) può essere, da un punto di vista organico, conseguente a disturbi del sistema vascolare, del sistema endocrino, del sistema nervoso periferico o centrale, dell’apparato uro-genitale o all’uso di alcuni farmaci (anti-ipertensivi, sedativi, antiadrenergici e anticolinergici) mentre, da un punto di vista psicologico, può essere il risultato di conflitti non risolti all’interno della coppia, ansia da prestazione, esperienze traumatiche precedenti o altri fattori ancora. 

I disturbi sessuali possono aver luogo in una o più delle quattro fasi della cosiddetta risposta sessuale :

- fase del desiderio conseguente a stimolazioni di tipo sensoriale e fisico o semplicemente mentali (fantasie sessuali): sia nell’uomo che nella donna i disturbi in questa fase sono il desiderio ipoattivo o l’avversione sessuale.

- fase dell’eccitazione in cui avvengono evidenti modificazioni fisiologiche a livello genitale : nel maschio erezione del pene e nella femmina lubrificazione e dilatazione della vagina ; pertanto il disturbo più frequente in questa fase è nel maschio una insufficiente erezione e nella femmina la mancanza di eccitazione e lubrificazione.

- fase dell’orgasmo in cui si raggiunge il picco massimo di piacere con eiaculazione  nell’uomo e contrazioni ritmiche della vagina e del clitoride nella donna; in questa fase il disturbo più comune  è rispettivamente  l’eiaculazione precoce ( o quella ritardata ) e l’anorgasmia o frigidità.

- fase della risoluzione che è rappresentata da una sensazione di rilassamento muscolare e di benessere psicofisico generale.

Sempre a livello sessuale e per cause psicologiche vi sono poi , specie nella donna, i disturbi da dolore sessuale (dispareunia) con contrazione involontaria delle pareti vaginali che impedisce la normale penetrazione rendendo l’atto sessuale difficoltoso e doloroso se non addirittura impossibile (vaginismo).

 

Le disfunzioni sessuali possono associarsi a disturbi di personalità (ad es. borderline, narcisistico etc.) o a patologie sull’asse I del DSM-IV  ( ad es. disturbo da attacchi di panico, schizofrenia, depressione maggiore ).  In tal caso difficilmente si avranno benefici con la terapia comportamentale tipo Masters e Johnson basata su esercizi di focalizzazione sensoriale che in genere dà buoni risultati quando la difficoltà è dovuta ad ansia da prestazione.

Il trattamento dei sintomi sessuali dovrebbe  perciò, dopo aver escluso le cause organiche,  essere basato su una attenta valutazione psicodinamica che spesso svela sentimenti di colpa relativi al piacere sessuale o, altre volte, transfert genitoriali verso il partner o ancora conflitti inconsci riguardo alle prestazioni sessuali.

 In pazienti schizofrenici e borderline con gravi angosce persecutorie e di disintegrazione, l’astensione dai rapporti sessuali sembra finalizzato a salvare la residua integrità del Sé.  

 

Riguardo all’ambito delle perversioni, il DSM-IV ha definito parafilie quei comportamenti sessuali in cui vengono utilizzati oggetti inanimati, viene inflitto dolore o umiliazione a sé o al partner ed in cui vengono coinvolti bambini o adulti non consenzienti.

Le parafilie includono :

-          l’esibizionismo che comporta l’esposizione dei genitali ad una persona estranea che non se lo aspetta e può essere interpretato come una anomala reazione del paziente all’ansia esistenziale per il sentirsi o essersi sentito minacciato nel proprio nucleo di identità di genere.

-          il voyeurismo che consiste nel guardare  un soggetto che non se lo aspetta mentre è nudo, si spoglia o è impegnato in attività sessuali; questo disturbo è stato interpretato come tentativo di padroneggiare attivamente il vecchio trauma freudiano della “ scena primaria “ vissuto passivamente.

-          Il feticismo in cui per raggiungere l’eccitamento sessuale viene usato un oggetto inanimato o “ feticcio “ ( ad es. biancheria femminile, scarpa, parte non genitale del corpo etc. ); il feticcio rappresenterebbe un oggetto transizionale per poter esperire quella integrità genitale compromessa da gravi problemi nella relazione madre-bambino oppure un sostituto dell’oggetto-Sé per contrastare l’ansia della perdita eventuale del proprio senso del Sé.

-          Il feticismo di travestimento in cui il soggetto ( più spesso maschio ) per eccitarsi indossa abbigliamento femminile; l’interpretazione psicodinamica sarebbe di identificazione con la madre per evitare l’ansia di separazione sperimentando una sorta di fusione con un oggetto materno intrapsichico.

-          La pedofilia che comporta attività sessuale con bambini prepuberi ( il pedofilo deve avere almeno 16 anni e 5 più del bambino ); la pedofilia potrebbe rappresentare una scelta oggettuale narcisistica con fantasia inconscia di fusione con un oggetto ideale. In soggetti con disturbo antisociale di personalità l’attività pedofila potrebbe anche rappresentare uno strumento di vendetta dal momento che molti pedofili sono stati essi stessi vittime di abusi sessuali nell’infanzia.

-          Il sadismo in cui il soggetto si eccita sessualmente infliggendo umiliazioni o sofferenza fisica alla vittima.

-          Il masochismo in cui, viceversa, il paziente ha bisogno di ricevere umiliazione o dolore per raggiungere l’eccitazione sessuale.

Anche in queste due ultime parafilie l’elemento in comune sarebbe il trauma infantile per cui il sadico si vendicherebbe per ottenere un senso di padronanza sull’esperienza di abuso infantile subita mentre il masochista si convincerebbe di meritare una punizione preferendo una relazione sadomasochistica alla assenza completa di relazioni.

 

E’ da dire che le parafilie sono state osservate in diversi tipi di pazienti  : relativamente sani, nevrotici, con disturbo antisociale di personalità,  borderline e  psicotici e pertanto interagiscono con le sottostanti strutture di personalità. I pazienti con parafilie sono difficili da trattare anche perchè la maggior parte di questi disturbi sono egosintonici ed essi vengono in terapia senza una vera motivazione ma principalmente per evitare il carcere ed ottenere il beneficio secondario della libertà condizionata.

Il trattamento di elezione è quello psicodinamico ma si può utilizzare un approccio personalizzato per ogni paziente integrando tecniche di psicoterapia individuale, psicoterapia dinamica di gruppo, ristrutturazione cognitiva e ricondizionamento comportamentale.

 

Con il termine omosessualità si intende l’attrazione emotiva e sessuale di una persona verso altre dello stesso sesso ; può essere egosintonica quando il soggetto non vive conflitti derivanti dalla sua condizione ed egodistonica quando invece è incapace di accettare il proprio orientamento sessuale anche perché nei confronti della omosessualità  persiste tuttora un certo stigma sociale sebbene essa sia stata derubricata dal DSM-IV  fin dal lontano 1974.            Questo atteggiamento omofobico può indurre perciò sensi di colpa e bassa autostima in quegli  omosessuali che accettano di vivere solo relazioni in sintonia con le richieste socio-culturali subendo a volte importanti ripercussioni psicopatologiche.

 

Come psicoterapeuta, ritengo importante che l’omosessuale, specie se giovane, prima di considerarsi e  dichiararsi tale abbia fatto un percorso di crescita personale diventando più  consapevole di quello che lo ha portato a questa scelta e contento di averla fatta senza sentirsi combattuto nella propria identità. E’ probabile che la mancata identificazione con la figura paterna ( a volte condizionata da dinamiche conflittuali nella coppia genitoriale ) possa essere un cofattore importante per la scelta omosessuale visto che nella maggioranza degli omosessuali che ho avuto in terapia vi era una storia di cattiva relazione col padre.

Condizione molto diversa è quella del disturbo di identità di genere in cui vi è una intensa e persistente identificazione col sesso opposto nonché un persistente malessere e senso di estraneità riguardo al proprio genere sessuale. Già da piccoli, i maschietti non amano i giochi di baruffa e  manifestano un eccessivo interesse per attività, giochi e passatempi tipicamente femminili ( Sissy boy sindrome ) mentre le femminucce odiano indossare vestiti o altri capi di abbigliamento femminili e preferiscono il taglio corto dei capelli, giochi e passatempi prettamente maschili   ( Tomboy sindrome ).

La teoria edipica freudiana dello sviluppo psicosessuale spiega questo disturbo come un deficit di identificazione col genitore dello stesso sesso e di complementazione con il genitore del sesso opposto che attraverso la “ seduttività ritualizzata “ permetterebbe al bambino/a  di apprendere il ruolo richiesto dalla appartenenza al suo sesso.

Con il travestimento, cure ormonali e dermatologiche questi soggetti cercano di operare il passaggio dal sesso di appartenenza a quello di elezione e , a volte, arrivano a chiedere e perseguire  la riattribuzione chirurgica del sesso desiderato dopo un non facile percorso psicoterapeutico teso anche alla cura di eventuali psicopatologie associate e disturbi di personalità concomitanti che potrebbero inficiare l’esito del trattamento chirurgico stesso.